"Rilievi del Castello Gargonza"
Castello di Gargonza, aprile 2002
2002Rilievi degli studenti della Facoltà di Architettura:
Federico Gennai
Enrica Longo
Cristina Mariotti
Tania Massibelli
Valentina Maugeri
Eugenio Ovipari
Ilenia Paesani
Michele Petrone
Fulvia Puschi
Cristina Razzanelli
Alessandra Riva
Claudia Rosselli
Nel celebre affresco che Simone Martini dipinse nel 1328 nel Palazzo Pubblico di Siena, Guidoriccio da Fogliano cavalca sullo sfondo dei castelli da poco sottomessi alla Repubblica. Nella vicina sala della Pace, pochi anni dopo, Ambrogio Lorenzetti, nell'affresco altrettanto famoso del "Buongoverno nella città e nelle campagne", rappresenta con straordinaria vivezza lo svolgersi ordinato delle diverse attività del lavoro, dentro le mura e nei territori aperti costellati di borghi e fortificazioni.
In epoca di poco precedente, poche miglia a levante da questi scenari, in uno scenario ancora oggi del tutto simile, circa a metà dell'antica strada che da Siena conduce ad Arezzo, appena prima di Monte San Savino, fu costruito il castello di Gargonza.
Più che di un castello vero e proprio, si tratta di un borghetto fortificato che lasciata la via maestra, ci appare oggi quasi all'improvviso su un poggio boscoso che domina la Valdichiana, a 540 metri sul livello del mare.
Il toponimo pare indicare una remotissima origine etrusca, ma le prime testimonianze storiche accertate di Gargonza risalgono addirittura al 1135, quando fu nominata in un trattato di pace stipulato tra Arezzo e gli Ubertini, una potente famiglia feudale che possedeva vasti possedimenti e castelli in tutta la Toscana orientale, spesso in lotta, con alterne vicende, con gli aretini anche per il dominio di questo castello.
Benchè di poche decine di case, Gargonza nei primi anni del 1300 doveva essere un centro di una qualche importanza, se Dante Alighieri, appena esiliato, si riunì proprio qui insieme agli altri fuoriusciti della fazione dei Bianchi (probabilmente nella primavera del 1302). Così Leonardo Bruni descrive la vicenda:
"Sentito Dante la ruina sua, subito partì da Roma dov' era imbasciatore e camminando con celerità ne venne a Siena; quivi intesa chiaramente la sua calamità non vedendo alcun riparo deliberò accozzarsi con gli altri usciti, ed il primo accozzamento fu in una congregazione degli usciti, la quale si fé a Gargonsa ....".
Per un brevissimo periodo il castello appartenne a Siena: fu quando nel 1381 gli Ubertini lo vendettero ai senesi per 4.000 fiorini d'oro. Ma questi, soltanto quattro anni dopo, lo dovettero cedere a Firenze insieme a Palazzuolo e San Pancrazio. I senesi tuttavia fecero a tempo a costruirne l'elemento architettonico più significativo: il cassero, una imponente torre quadrata che domina l'intero abitato. Un'alta cinta muraria disposta a cerchio completava le fortificazioni del borgo e vi si accedeva da un'unica porta posta esattamente a settentrione.
Dopo l'avvento di Firenze, seguirono anni turbolenti per Gargonza, che mal ne sopportava la Signoria, finché questa nel 1433, dopo un'ennesima ribellione, demolì parte delle sue mura, lasciando fortunatamente intatti sia il cassero che la porta e le case. Non ostante che i territori gargonzini costituissero zona di confine tra Firenze Siena e Arezzo, questo fu probabilmente l'ultimo fatto d'armi significativo: la situazione politica infatti si andò poco a poco stabilizzando, tanto che nel 1546, prima ancora della caduta di Siena (1555), i Capitani di Parte Guelfa cedettero a livello il castello con i territori annessi a Luigi Lotteringhi della Stufa e ai suoi eredi.
Dai della Stufa, per eredità, Gargonza passò prima ai Corsi ed infine, all'inizio del 900 ai Guicciardini, attuali proprietari.
Dal Catasto fiorentino del 1427 si può ricostruire con precisione le attività economiche del villaggio in quell'epoca e quindi in qualche misura anche la sua vita quotidiana. Le "portate" catastali descrivono una prevalente attività agricola basata su viti, grano e olivi, e sulle "selve", boschi di castagni e di quercie. Una osteria e un macello, oltre ad un mulino posto fuori le mura più a valle, costituivano i servizi di cui era dotata la collettività. La picccola chiesa plebana, dedicata ai Santi Tiburzio e Susanna, posta di lato al piazzale del cassero costituiva il fulcro dell'agglomerato. La popolazione, a quel tempo ammontava a circa sessanta - settanta persone.
Esaurite del tutto le sue funzioni di carattere militare, a partire dalla seconda metà del cinquecento, Gargonza continuò a svolgere la sua attività di borgo agricolo collinare: prima come comunità della Repubblica e poi del Granducato. E anche se era una comunità molto piccola, aveva uno statuto proprio e conseguentemente godeva una specifica autonomia amministrativa.
Ciò si spiega anche col fatto che la Valdichiana in quel tempo non era fertile e popolata come oggi, anzi il fondovalle era andato via via impaludandosi, per cui anche i piccoli agglomerati collinari rivestivano una qualche importanza per quella zona. Tanto è vero che Leonardo da Vinci, che ne studiò la bonifica, nella carta del 1503 che si trova alla Royal Library di Windsor, al pari di molti altri piccoli centri, indica chiaramente Gargonza col suo toponimo e, per la scala in cui è rappresentata, la riporta in modo assai fedele.
Il suo statuto rimase in vigore sino al 1774 anno in cui Pietro Leopoldo abolì la Comunità e la aggregò a quella di Monte San Savino, al cui Comune ancora oggi Gargonza appartiene.
La trasformazione in fattoria vera e propria avvenne però intorno alla prima metà del settecento, quando Giovanni Corsi cominciò a tenere un' amministrazione basata sulle unità produttive dei poderi, ben trentacinque nel periodo del massimo sviluppo, organizzati intorno ad un nucleo centrale di servizi. E' in quest' epoca infatti che si cominciano a costruire gli edifici padronali e quelli dedicati alle cantine, e poi il frantoio e i magazzini: migliorie che continueranno sino alla seconda metà dell'ottocento.
La scomparsa della mezzadria negli anni cinquanta del novecento comporterà un esodo così massiccio e repentino da tutto il complesso del borgo e dalle case sparse che si può parlare di una vera e propri fuga. Un abbandono che durò circa venti anni.
All'inizio degli anni settanta, preceduto da una sommaria campagna di rilievi, incominciò, di concerto con la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Ambientali di Arezzo, l'opera di restauro e di consolidamento, finalizzato al recupero dell' intero borgo per costituirne un centro alberghiero residenziale.
L'intervento interessava sostanzialmente tre categorie distinte di edifici: quelli più strettamente monumentali, come la Chiesa, la torre, il cassero e la porta d'accesso; gli immobili aziendali , come i frantoi, le cantine, i magazzini, le scuderie, le case dell' amministrazione della fattoria ed infine venti case d'abitazione con i relativi annessi. Vi era poi tutta la rete viaria interna ed esterna da ripristinare, comprese ovviamente le opere di urbanizzazione: dalle fognature alle canalizzazioni dei servizi a rete.
I restauri furono eseguiti con un criterio di omogeneità di intervento e di assoluta conservazione delle preesistenze, sia tipologiche che materiche, fatti salvi gli inserimenti degli impianti tecnologici e igienico-sanitari in ogni singola abitazione. In circa dieci anni i lavori furono portati a compimento. Nei locali della fattoria furono ricavati i servizi comuni dell'albergo; nel frantoio, la sala conferenze; nel magazzino della trebbiatrice, il ristorante; le residenze, di varia dimesione, furono ricavate nelle case d'abitazione. Questi restauri hanno trovato ampi riconoscimenti di benemerenza sia dal Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali che dall' Istituto Italiano dei Castelli.
In collegamento con l'attività turistica, sono parzialmente riprese anche le attività agricole: è iniziata una piccola produzione di vino di qualità, è stata costituita un'azienda faunistico venatoria e avviato un parco agricolo forestale nelle vastissime zone boscate circostanti, progettato in collaborazione con l'Istituto di Assestamento e Tecnologia Forestale dell'Università di Firenze.
Il Castello di Gargonza, tramite una organizzazione che si avvale di avanzate tecnologie informatiche, anche via Internet, si dedica soprattutto al turismo colto e al turismo congressuale e promuove varie manifestazioni culturali incentrate in particolare sulla musica sia ascoltata che attiva. Si tengono giornate di studio, mostre, incontri e stages di pittura. Un'associazione, gli "Amici del Castello di Gargonza", si occupa della programmazione culturale e di promuovere gli studi di storia locale.
In altre parole, Gargonza, dopo la sua prima trasformazione compatibile, da funzioni prevalentemente difensive ad un uso prettamente agricolo, ha attraversato indenne una seconda trasformazione che, non solo ha visto pienamente salvaguardati i suoi valori storici culturali ed ambientali, ma anzi è stata anche occasione di una valorizzazione economica che ha recuperato alla redditività un patrimonio altrimenti difficile da mantenere .
Attualmente tra le varie attività culturali, tramite un rapporto di collaborazione già da tempo istituito tra il Dipartimento di Progettazione dell'Architettura dell'Università di Firenze e la sezione toscana dell'Associazione delle Dimore Storiche Italiane, è in corso una campagna di rilevazione sistematica di tutto l'edificato eseguita dagli allievi del corso di Rilievo dell'architettura tenuto dall'autore di queste note.
Un apposito seminario negli anni accademici 1999-2000, 2000-2001 e 2001-2002, si è occupato delle varie parti del castello, che poi sono state "rimontate" in un unico quadro d'insieme.
La tecnica usata è quella del rilievamento diretto con strumentazioni semplici.
Il lavoro di ogni gruppo di allievi si compone di quattro fasi: il rilievo proporzionale a vista, la restituzione quotata in scala (in bianco e nero), il rilievo "materico" a colori, ed una fase finale di progettazione di interventi compatibili.
I disegni in scala sono stati eseguiti manualmente a china, tramite CAD o con sistemi misti. I colori, per lo più naturali, thè, caffè e acquarello, sono stesi su eliocopie stampate su carta martellata.
Alcuni gruppi hanno inoltre realizzato dei "modelli" tridimensionali digitali, che in alcuni casi sono anche "navigabili". Altre applicazioni digitali riguardano le modalità costruttive ed una proposta di nuova illuminazione del castello.
Lo studio fa parte di un progetto di ricerca scientifica di ateneo ancora in corso, che si concluderà con il rilievo completo di tutti gli edifici e la ricostruzione storica delle origini di Gargonza e della sua evoluzione nel tempo.